Se ti piace scrivere, scrivi, dicevo. Il giornalismo è un mestiere per chi ama stare al centro, ha la cervice adatta a insistere rompendo i coglioni o, in alternativa, chiunque sa farsi assumere con l’art. 1 del contratto nazionale. Attività completamente diverse, ribadivo ai colleghi praticanti appena conosciuti. Premesso ciò, ricordo che scherzando (neanche poi tanto) si diceva dei giornalisti: sono quelli che spiegano a tutti cose che per primi non capiscono neanche loro e – interessante, forse da qui nasce l’equivoco tra le due professioni – ora credo che per gli scrittori si possa ricalcare lo schema: sono quelle aquile che descrivono con un controllo perfetto della lingua aspetti della loro realtà che non riescono a controllare bene e a spiegarsi, anzi che gli sfuggono proprio, anche dopo averli descritti in maniera tale da sembrare che li abbiano domati, gli stessi che molti presumono di aver già schedato da anni e invece, guarda, ecco come si chiamava quella cosa lì, sentivo che stava stretta nelle cartelline in cui avevo cercato di infilarla ogni volta da un lato diverso, procurandole i calli nell’ultima in cui l’ho archiviata e finalmente, dopo aver letto lo scrittore, invece della mia etichetta angusta posso darle un torace e un nome nuovo, un nome lungo una frase, un capitolo, un libro intero che, mentre leggevo, pareva lo stessi inventando.