Oggi è morto il grande Cassius Clay, nato e vissuto molto prima che inventassero le gif animate, ma sabato è un giorno che se ci muori è come se morissi un po’ meno rispetto agli altri giorni (o forse è solo che c’è un sole grande così finalmente, dopo le piogge che avevano negato a giugno la luce del vero cambio stagione). Oggi è morto un po’ meno degli altri C. Clay e ho scoperto che non scriverò mai più poesie legate a fatti eclatanti, a cronache toccanti, quelle che uno legge, approva e fa sì con la testa perché lo hai aiutato a focalizzare un dolore, a denunciare tanto bene un’ingiustizia da muoverlo a premere il pulsante condividi. (Le poesie non devono far calare la testa a chi legge ma aprirgli un po’ più gli occhi o le labbra allo stupore di un segreto). Sarà che mamma l’altro giorno al telefono mi ha detto con rara complicità, perché non scrivi un libro invece di quei pensieri vagabondi – giuro, così li ha chiamati e mi ha fatto piccolo il cuore. Sarà che sabato è il giorno migliore per crescersi una fiducia e saggiare la muta come il serpente già lontano nella sua nuova pelle.