I meravigliosi gesti che facevamo per trovare una nave che ci portasse di nuovo a casa facevano splendido il pianeta in cui eravamo finiti. Avevamo le voci ancora sottili dei bimbi che sanno tutto e il posto di ogni cosa, ma presto il gioco si è ridotto all’esercizio di non dimenticare. Così ci sono cresciute piano delle ancore ai piedi e oggi ariamo campi negli abissi a testa alta: un mare di stelle solfeggia i nostri nomi come ritirate.