C’era un cartellone, fra i moltissimi appesi nel lungo corridoio, intitolato “Gli alberi di Cosimo”, un mosaico vario di chiome verdi disegnate dai bimbi con didascalia scritta a mano accanto a ogni tessera. Ho pensato che è bello andare a votare già solo perché lo scenario, decontestualizzato dall’insolito numero di adulti che vi si aggirano, ti dice che sta accadendo qualcosa di diverso, di raro e importante rispetto al resto dell’anno. E sarà certo per l’ampiezza degli edifici che si è scelto di farci votare nelle scuole, ma è una coincidenza felicissima a livello simbolico: gli adulti visitano la casa dei piccoli per decidere nei limiti del sistema che indirizzo dare, a quale nuovo civico trasferire il mondo che ospiterà i loro figli, una volta usciti da quella casa. Dove gli alberi non sono più disegnati, non c’è più un orario che metta ordine tra le materie e i maestri non li indovini dalle cattedre né dai registri.