Il giorno cresce frutti da zolle diverse e io mi sento chiamato a dire quale cosa da ogni cosa. L’alba muove l’anima vivente dei prati e la mattina è una forbice di sole nelle pause culminanti d’amore rubato al pomeriggio elastico di marzo. Il secondo tempo apre le maglie di ferro ai polsi legati e le mani si alzano a rovistare il fuoco del vespro che guida le rondini sugli alberi freschi e sulle teste alzate. La sera torniamo all’esercizio d’acqua sui ranuncoli croccanti in balcone, le falene entrano in casa dai fili dei panni stesi sul giardino che mormora nella fontana con la tartaruga schiva. Al nero che segue la cena di novilunio, i veggenti cantano la madre che tornerà alle orfane stelle e farà contenti i lupi chiarendo quale cosa è terra e quale cosa è cielo. La notte è una preghiera: fa’ che io veda il giorno di domani.