Sono ore che interrogo i fili che mi legano alle persone importanti rimaste sull’isola; fili che non smetto di tenere pur non capendo di che materia siano fatti, per essere tanto forti da tenere anche dopo anni di lontananza, lievi sul mar Tirreno la notte; da tenere contro ogni bufera o terremoto abbia scosso la mia casa centrale che somiglia a un faro dove ho inciso l’alfabeto dei gabbiani sul petto, per impararlo a memoria e muovere al destino i miei messaggi. E questi fili li tengo ancora perché sento la tensione di risposta, la vita che parte dalle mani delle mie persone al sud e mi funge da meridiana. È strano tenere qualcosa di cui non riconosci la fibra, che non puoi nominare. Se il talento della scrittura è dire bene ciò che resta pure inspiegabile, io ci rinuncio, esagero in semplicità e solo, questa fibra che non smetto di tenere, la chiamo tenerezza.
C’è un libro che amo moltissimo che ha come parola centrale “dolcezza”. Credo sia il cuore di ogni cosa.
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D’accordissimo io. Come si intitola?
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Il Sacro Corano… (non sto facendo pubblicità!) sia che lo si legga dall’inizio che dalla fine il centro dice: con dolcezza. Credo che anche una tipa americana (non ricordo chi… non seguo tv o giornali) si chiami condoliza da “con dolcesa”.
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T’ho gelato..
😦 :))
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per niente! compensavo e contemplavo col silenzio l’immensità del libro in questione.
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⭐️
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