Il prossimo

Oggi a messa c’era il cunto sull’amore per il prossimo e io ho finalmente capito di cosa parla. I più l’hanno sempre definita parabola del buon samaritano, monito sull’ipocrisia religiosa corredato dal precetto sulle buone azioni verso gli altri. Altro che samaritano, invece. Il protagonista di questo meraviglioso racconto è la persona soccorsa, la parabola è dedicata a lui ed è una storia emblematica sul ringraziamento: muove dalla definizione del prossimo come uno che ha compassione di lui e invita ad amarlo, ringraziarlo anche se appartiene a una categoria “immeritevole”. Ciò significa, per converso, che in genere facciamo discriminazioni persino nel ringraziare, che abbiamo difficoltà a esercitare cioè una delle massime forme dell’amore: non dare per scontata la vicinanza dell’altro. L’invito finale di Yeshua a fare anche noi lo stesso non è dunque riferito alla buona azione verso chi è in difficoltà, ma al ringraziamento verso chi ha patito con noi e ci ha aiutato. Non è un cunto sull’essere buoni con chiunque, ma sul non essere razzisti (almeno) nella gratitudine. Aprire gli occhi sulla cura disinteressata e per niente dovuta, ovvero sulla grazia, che pure ci viene mossa continuamente.