Esserci

Tutto è respirazione. Non solo l’amore nel suo moto avvolgente, o la sapienza orientale che ascolta la vitalità tra gli elementi più che cercare una verità in un solo punto, né solo la casa che appanna con la sua storia i vetri delle finestre se fuori si gela. Il respiro è infatti coordinata, sintomo e centro regolatore di ogni condizione di vita. La pandemia ancora in atto morde i polmoni come risposta della natura al soffocamento che l’uomo le impone da decenni. Molti mali spirituali che affliggono le persone si traducono in ansia che spezza il fiato. E manca subito l’aria – come allarme di pericolo – a chi inizia a fumare, mentre chi già fuma racconta soddisfatto le poche volte che, per mancanza di filtro o in alta quota o dopo una fatica, sente di nuovo “la botta”, come la prima volta. Sentire, ecco, tutto il sentire ruota attorno alla respirazione che – per conferme e negazioni – ci indica il nostro livello e la nostra capacità di esercitare la presenza. Fai un bel respiro, si dice a chi è in difficoltà generica o specifica, cioè torna a esserci; mi manca l’aria, si dice quando il corpo non sopporta più una condizione, cioè non riesco a esserci. Agire sul respiro stimola l’assottigliamento del diaframma che c’è tra la percezione e la conoscenza. Per cantare anche, si studia il respiro, che esso accompagni una buona performance o una preghiera viscerale. Tutto è respiro, dall’importanza che arrivi ossigeno al cervello, alla capacità di sentire il mondo intorno a noi. Il respiro sorveglia la nostra cura dell’esserci.

A cosa serve l’amore

Gravidi invero, o Socrate, sono tutti gli uomini, e nel corpo e nell’anima, e quando sono giunti a una certa età, la nostra natura brama di partorire. Ma nel brutto non può partorire, nel bello invece sì […]. Perciò, ogni volta che un essere gravido si avvicina a ciò che è bello, si dispone alla benevolenza, e rallegrandosi si diffonde e partorisce e procrea; quando invece si avvicina a ciò che è brutto, allora, incupito e rattristato, si contrae, cerca di scostarsi, si rinchiude e non procrea, e piuttosto, trattenendo in sé la creatura concepita, la sopporta penosamente. Onde sorge appunto, in un essere gravido e ormai turgido di latte, la violenta emozione a riguardo di ciò che è bello, poiché questo libera chi lo possiede da grandi doglie. L’amore infatti, o Socrate, non ha come fine ciò che è bello, come invece tu credi.
– Ma che cosa allora?
– La procreazione e il dare alla luce in ciò che è bello.

Platone, Simposio

Meno sei lontana

Luce, più duri meno sei lontana. Oggi ho sorpreso il sole infuocare il pomeriggio ancora dopo le cinque, nel punto di fuga tra i palazzi in fondo alla via – alzo la testa e il cielo inaugura mille virate dal celeste al verde arancione. Domenica siamo stati al parco antico e per la prima volta ho visto mio figlio strappare a ruota i fili d’erba dal prato alto ai margini del telo – impeto di gioia. Dopo otto giorni che l’Etna divampa nella notte arrivandoci con foto e video strabilianti, oggi a Palermo si sono svegliati con la cenere sui terrazzi e nei balconi (spingi ancora, materia dalle viscere, copri la distanza, io ti aspetto, spingi nell’aria e arriva fin qui, dammi il bisogno di pulire a terra in preda allo stupore, spingi, sorvola Pompei, cadi al centro di casa mia, faccio un buco nel tetto dell’edificio e metto un cartello accanto all’antenna televisiva: isola madre nel cuore, prossima uscita). Stamattina, dalla mia camera tutta in penombra avevo comunque il sole in mano, era appeso a una lenza lunghissima e tirava guizzando nelle stanze degli altri collegati alla stessa riunione da città sparse in tutto il paese. Poco fa, mentre sparecchiavo ho sentito mio figlio giocare con sua madre facendo l’esatta risata di uno scoiattolo che vola tra i rami più fini degli alberi. Un elenco non basta, ma niente che riguardi la luce può bastare, questo disordine amoroso è il massimo traguardo. Luce, del tempo fai grovigli e lo rivolti, lo spazio trema quando passi, ti nascondi in stormi di cenere migrante, non so come fai come faccio, come farei, altrimenti. Tu mi hai insegnato tutto.