Abbiamo luoghi irraggiungibili per gli altri, dove non andiamo spesso ma che ci aspettano. Sempre. Sono agli antipodi dell’esperienza, fuori dal tempo verso dentro e fuori dal tempo all’infuori, in lontananza. Ogni persona ha la sua via per entrarci. Il genio francese delle lettere, Marcel, raccontò la sua via tirata fin lì dal senso dell’odore. Per me che ora scrivo da quel chiuso, molle e infinito, è una via tracciata dal suono. Ogni volta che vengo qui a nutrirmi del mio sempre, mi chiedo come ho fatto a starne lontano per così tanto. Facevo la vita, eppure qui è il suo oro. Nessuno lo può rubare. Né io posso o voglio portarlo via da qui. Qui sono io che devo tornare e mi faccio tenerezza quando abito il tempo senza nemmeno ricordare l’esistenza di questo grembo, il suo indirizzo in musica. Marcel disse che è proprio questo oblio quasi costante a renderlo sempre inespugnabile per gli altri e, il più delle volte, anche per la versione di noi obbligata al tentativo di una vita. L’altro luogo, quello dal tempo all’infuori, in lontananza, è ancora più difficile da raggiungere perché ha vie sempre diverse. Da lì i poeti afferrano note di lingua mai sentita prima e a volte riescono a farle sentire anche a noi. Ed ecco, vedi, anche lì è sempre questione di. Suono.