Ogni eccesso è polvere. L’eccesso di caldo, cenere. L’eccesso di freddo, neve. La neve è cenere gelida, la cenere è neve ustionante. Bianco e nero reggono ogni dialettica, irrisolvibile sorgente del fascino inquieto che siamo. Tutti. Ognuno è fascino inquieto, per l’umidità umana che giace al centro dei suoi eccessi. Almeno due, e di segno contrario. In questo irrompe il linguaggio odierno, spazzando via ogni ricordo dell’umidità umana in cui solo può crescere un seme. Il linguaggio odierno, fatto di “dentro o fuori”, “con o contro”, “buoni o cattivi”, “opinione o inesistenza”. Si raggiunge sempre meno il centro e aumenta così la polvere, neve nei cuori, cenere al di fuori. Pochi ricordano che il nostro meglio è farsi casa dei semi. E per ogni seme, un fascino inquieto, mistero interdetto all’ultima parola degli altri, più spesso mortificato invece al loro ultimo ascolto. Come di passi sulla neve, come una pioggia di cenere.