Ritorno

La vera vita è un ritorno consapevole, è la decisione di tornare: l’amore è il motivo del ritorno. Da questa parte del mondo, le esistenze lunghe ormai non risparmiano bufere a nessun ideale, relazione o attività scelte all’inizio per istinto o a ragione. Tutto crolla almeno una volta, e si spalanca il metro dell’amore. Il ritorno non è affatto scontato e spesso non si fa riconoscere. Il più delle volte si trucca da balzo in avanti, liberazione, ma è il ritorno a un sé prima negato. Altre volte è la conferma assurda dell’ideale, della relazione o dell’attività crollata su un limite inatteso: noia, dolore, distacco, disillusione. Le parole – ho capito – sono sugheri insufficienti ai naufraghi del tempo? Io ci ritorno lo stesso. Chi torna a qualcuno o a qualcosa, dopo averne vissuto il limite, non lo lascerà più e finalmente potrà coltivarne il mistero. Il silenzio che abita in mezzo alle note, la musica tenuta da certe scritture, la luce inspiegabile che fanno alcune coppie. Per ciò che dell’amore sta in oltre, scelta di campo a sconfitta già avvenuta, accoglienza delle piaghe spalancate: dimora dei comunque, dei nonostante, degli eppure, dei malgrado. Felicità imperfetta, perché di carne. Sangue infuocato sulla pace controversa della sapienza.

Sono e voglio essere

Sono e voglio essere un’eta: in greco, il pronunciamento di una e aperta e lunga, una congiunzione. Non dividere, ma unire. Fare da congiunzione. Nei limiti del possibile, certo. Devo rispettare i miei valori, il mio senso. Sarò quindi un’eta per quelli che intuiranno in me (e io in loro) una stessa provenienza e una meta comune; anche, se necessario, contro partiti, movimenti o fazioni che lotteranno per valori o idee in contrasto con le mie – fascisti o razzisti per esempio. Quindi non sarò del tutto un’eta, non certo un’eta universale, ecumenica sovrumana e cieca, no: sarò un’eta solo in parte. Sarò un po’ eta.

Una sciocchezza decisiva

La mia pecca più grave è forse quella dell’eterna indecisione, benché l’eternità della stessa sia circoscritta al minuscolo tempo della singola vita terrena, e non all’eternità della materia che i fisici dicono limitarsi a cambiare forma. Ad ogni modo, anche solo per la rarità dell’evento, e in forma di eccezione, annoto l’ultima decisione che ho preso, una sciocchezza ma pur sempre decisiva, nata all’alba di questo secondo anno di EsageratOre: non pubblicherò mai nulla nei giorni in cui ho già messo qualcosa l’anno scorso e così per gli anni a venire, finché non avrò raccolto un anno completo di prose, un’esagerazione per ogni giorno dell’anno. Allora chiuderò il blog. Roba grossa, lo so. Ma un blog a tempo determinato, un blog precario in fondo è quanto di più aderente alla qualità esistenziale della generazione a cui appartengo. E poi la prospettiva di una fine, di una conclusione, di una chiusura, dà certo più senso e valore alla piccola vita di qualunque cosa, al suo tempo e persino all’indecisione che attenta ai suoi giorni.