Vi renderemo la vita difficile


Vi renderemo la vita difficile
disse il sottosegretario
alla Salute, non parlando
fantastico a virus e batteri
ma a oltre sette milioni
di contribuenti incensurati,

frase che non stranì affatto
il resto degli italiani, ora
pronti a definire “misure
di sanità pubblica” i vari
deterrenti statali agiti
su motivazione scientifica –

la scienza vuole infatti
che alcune persone, benché
sane in un dato momento
e pur con mascherina
e igienizzate e distanziate
e, volendo, tamponate

non comprino il pigiama
la domenica, non viaggino
non lavorino, non abbiano
più lo stipendio – nessuna
persecuzione dicono, poi
i giuristi confermano: certi

divieti saranno assurdi
ma le norme sono generali
e astratte per definizione
non si possono ideare
a partire da casi limite
hard cases make bad law

bisogna portare pazienza
per il bene generale,
concludono col distacco
dei palloni aerostatici
dalla terra e dal mare
come fosse possibile solo

questa via, questa verità
questa vita che, sì, certo
preferivamo l’obbligo per
tutti ma ci contentiamo
di questa caccia scientifica
alle streghe senza data

di scadenza – sei strega tu?
no, e allora! finché non
si arriva al cento per cento
non gli diamo il pallone,
giochiamo solo noi, i migliori
tra non votati e indiscussi.

Melograni

La chiamano solare, ma quest’ora nuova che spegne tanto presto la luce e i colori ci fa arrivare alla sera come nell’alto mare aperto, a molte miglia scure dalla costa. E la cena si apparecchia che è già buio alto. Fuori, una madre viaggia con sua figlia risalendo l’Italia in treno, per dare un bacio a un altro pezzo di cuore suo migrato al nord e raccogliere, in vista del ritorno, la madre di cui è ancora figlia, partita prima di lei. Sono passate anche da casa mia, fiammella al centro dell’intero paese, faro contro la violenta estraneità del mondo che pure si vuole e si deve conoscere. In questo alto buio aperto, così, guardo i melograni che ci sono arrivati l’altro giorno dalla Sicilia – li ha portati una zia che vive qui ed è tornata dall’isola in macchina. Incastrata nel frutto che nutre le simbologie di tutte le religioni, fissa alla fioritura che detta i tempi dell’amore nel Cantico dei Cantici e mi ravviva le braci dei muscoli nel petto, c’è la nostra terra lontana. E il sole, in guerra contro l’ora che porta il suo nome.