Le oltre mille bare ammassate in un capanno al cimitero dei Rotoli, da anni in attesa di sepoltura, la notte escono e scivolano tra gli alberi pizzuti a prendere il fresco.
Salgono le pendici del Pellegrino per vedere le lampare davanti alla costa, giocano a rallentare i gatti svelti appresso ai ratti e, se c’è la luna, al chiaro si stricano l’un l’altra per togliersi qualche verme o insetto che le solletica troppo. Sembrano lumache ma al posto della bava spernacchiano l’olezzo di decomposizione che poi, per tutta la giornata successiva, si raccoglie di nuovo nel capanno visitato dai parenti e da rari giornalisti.
Il guardiano che all’alba apre i cancelli non capisce come mai la mattina presto non c’è puzza dentro quell’inferno vergognoso. Non si capacita. Come potrebbe? Non gli sfiora il cervello che di notte quelle tampasìano liberando il feto nostro nel cielo su Palermo.
“Il bello è che tutti si chiedono come mai ancora il Comune non ha risolto”, pensa tra sé ogni tanto. “Che fa, non lo sanno lo schifo dei politici? Ditemi invece com’è che colla mattinata, prima che arrivano le vecchie, puzza non ce n’è. Ditemi questo, amunì”.
– Tatò, tu niente sai, vero?
– Miaaoo, meoww, puurrrr.
politica
Un mistero positivo
A quest’ora della sera, ormai si può ben dire sul far della notte, gli insegnanti non hanno smesso la loro veste mortificante di burocrati e seguitano a compilare una delle tante caselle telematiche che compongono il singolo giudizio del primo quadrimestre per ogni alunno, molti essendo titolari di più materie – dopo aver fatto, ovviamente, le ore diurne negli istituti e iniziato le valutazioni in riunioni online il pomeriggio a casa. Molti dicono che il loro lavoro è una pacchia, e loro lavorano per lo stesso stipendio ridicolo di sempre rispetto all’importanza del compito e alla fatica spesa; per la stessa scuola che già oltre dieci anni fa chiedeva alle famiglie di portare la carta igienica mancante nei bagni; nella stessa nazione che prima delle ultime utili emergenze era comunque abituata a notizie di tetti crollati in edifici scolastici; lo stesso paese che paga una ultra trentennale dichiarata crisi della politica, ora giunta al pettine nelle ipotesi credibili di scalata al vertice costituzionale da parte di un oligarca. Cosa spinge questi insegnanti a lavorare ancora sul far della notte, così? Di certo, nulla che possa trovare riscontro nello stato presente delle cose (deteriorato ormai anche per il terrore aziendale di cosa potranno dire i genitori degli alunni, davanti a una valutazione non gradita). Per questo, ancora di più, grazie, insegnanti: siete il mistero positivo che giustifica la non estinzione di un settore pubblico gestito senza la minima cura né più ombra di senso. E domani, come ogni giorno, altre lezioni.
L’ultima variante
Il virus è decisamente mutato, con l’ultima variante ha preso sembianze umane: ora si chiama no vax. Le case farmaceutiche hanno già pronto il vaccino, la somministrazione sarà appannaggio del governo non eletto dal popolo e avverrà in forma di decreto. L’iniezione al braccio del corpo sociale conterrà una percentuale di annullamento del diritto al lavoro, una di stigma propagandistico, una di statistiche taroccate, una di “vi alziamo le bollette ma l’importante è la salute”. Possibili effetti collaterali: scomparsa di persone che coltivano il dubbio e violenza immediata sugli ambigui residuali, nella cerchia amicale e in quella familiare; trasformazione delle chiese in ricettacolo virale finché pure loro non vieteranno le messe agli sguarniti di tessera verde. Possibile necessità di un richiamo dopo sei mesi o, con dose maggiorata da una percentuale di mercenari fascisti, nel caso di recrudescenze anticipate sotto forma di manifestazioni di piazza (come espressione di opinione e volontà popolare il diritto di voto ha infatti già perso interesse e credibilità, stando ai dati sull’affluenza alle ultime amministrative, ma non siamo qui per vantarci).
Si chiameranno padri
Tutti i politici dovranno essere genitori di almeno un bambino compreso tra zero e dieci anni. Finito questo periodo abbandoneranno il settore, se non per meriti riconosciuti di onorabilità nel servizio pubblico svolto. E la politica sarà improntata veramente al futuro e alla pace. Nelle aule dei palazzi si parlerà anche di notti in bianco per la fame o gli incubi dei piccoli, di sistema scolastico e importanza degli insegnanti, di comunità nuove che imparano a conoscersi, di rispetto per l’autorità e senso del dovere, di saggi di fine anno e tenerezza, di gite scolastiche e cura dell’ambiente, di pericolosità delle armi e di ogni forma di bullismo, di eredità continuamente aggiornata all’insegna del bene. Sarà così finalmente trasformata l’Italia – e il mondo intero, su questo modello – in una Terra dei figli. Si chiameranno dunque padri e madri, all’occorrenza, non più politici, questi operatori di giustizia e nuovi educatori della casa comune, com’è sempre stato il nome dei più alti fra i politici nella storia: padri fondatori, padri costituenti, padri nobili. È il sogno che ho fatto stamattina, dopo essermi svegliato.
Sugli animali
Ho visto un documentario sugli animali, diceva che hanno paura di venire in città perché l’uomo è violento – non per forza contro di loro, ché anzi le bestie utili le ha già nei campi e negli allevamenti – ma perché potrebbero finirci in mezzo come danno collaterale. E non vogliono prendersi una coltellata mentre passano sotto un manifesto elettorale o una giostra di pugni la sera nelle vie del centro. Tranne i cinghiali, ogni tanto. I cinghiali non li convince mai nessuno a evitare la città, devono sbatterci la testa loro, è inutile. A volte tornano nel bosco con delle storie orribili. Orribili davvero, diceva il documentario – sugli animali.