Sono e voglio essere

Sono e voglio essere un’eta: in greco, il pronunciamento di una e aperta e lunga, una congiunzione. Non dividere, ma unire. Fare da congiunzione. Nei limiti del possibile, certo. Devo rispettare i miei valori, il mio senso. Sarò quindi un’eta per quelli che intuiranno in me (e io in loro) una stessa provenienza e una meta comune; anche, se necessario, contro partiti, movimenti o fazioni che lotteranno per valori o idee in contrasto con le mie – fascisti o razzisti per esempio. Quindi non sarò del tutto un’eta, non certo un’eta universale, ecumenica sovrumana e cieca, no: sarò un’eta solo in parte. Sarò un po’ eta.

Di memoria

Tra la fine di due orrori legati, dal 27 gennaio al 25 aprile la morte continuò a correre sui nostri passi di montagna, non sazia di sangue e buchi sui muri che tenevano dritte le schiene ai partigiani cogli occhi fissi sulla valle e nel cuore la preghiera di una sola parola, un nome di donna, di figlio, una luce che oggi mi trova e interroga: ma io, a cosa assomiglio? La libertà per cui, di memoria in memoria, loro combattono ancora in quei sentieri, è quella razziata oggi ad alcune categorie di persone che continuano a mancare di riconoscimento civile o dignità umana per il solo fatto di pestare il suolo italiano: gay ancora respinti da sindaci ottusi che non vogliono applicare la legge sulle loro unioni; migranti non annegati ma nelle grotte buttati o respinti e aggrediti da squadre leghiste. La Patria che i piccoli maestri avevano fissa nel cuore, prima del contatto fra il proiettile e i loro corpi durante l’esecuzione, non contemplava eccezioni categoriali nel garantire l’uguaglianza civile a tutti. Per questo, li sento correre ancora nei chiari del bosco.