Quando tutto si fermerà, e credimi s’è già fermato, le luci del porto continueranno il battito verde e rosso che guida i natanti al rientro dal mare la notte. Lo dico perché ancora le vedo, affacciato sulla piazza che a sinistra canta nel fiotto della fontana e a destra mi offre lo sguardo sul molo. Quando tutto si fermerà, ogni notte sarà un mare alto per tutti da cui rientrare tagliando flutti di gioia o di dolore, frangenti aperti al sonno leggero o a quello profondo, sereno. Lo scafo sarà comunque preso da una fatica, in quelle notti, perché la gioia costa fatica e il dolore lo stesso, così come il sonno leggero e quello profondo, sereno. Alcuni non troveranno vento per le loro vele e le luci del porto rimarranno due occhi sgranati sul nulla. Chi troverà invece la spinta buona al rientro, questa gli sarà data dal fiato che spira in due sole correnti: quella delle relazioni che ancora donano luce, e quella della memoria di chi per lui è stato luce. Il primo vento è dei giovani che hanno maestri da frequentare; il secondo vento è il mio e mi chiama a fare memoria dei miei maestri – niente a che fare con il ricordo, ma col rinnovo di una presenza. La presenza delle sorgenti a cui ho attinto la luce che io sono oggi, in un gesto tramandato, in una musica imparata, in un sorriso ereditato e in altro per com’era esatto in passato, con me da giovane e fino a qui. Perché luce chiama luce. Così sarò io ai nuovi del mondo toccandone a me, quando tutto si fermerà – e credimi s’è già fermato – il massimo onore.