La cancellata

Settembre, tempo dell’occasione, soglia molle tra due stagioni, avvicendarsi di nostalgia del vivere all’aperto e immaginazione dell’anno a venire. Il nono mese invita a spingere fuori qualcosa di nuovo, generato infine dal periodo meno strutturato di tutto l’anno. Sembra questo il mese più in linea con la gomma che ha cancellato nei molti appena trascorsi tante parole a noi familiari, lasciandoci l’incertezza di un foglio quasi tutto bianco. Sento di avere i mezzi per scrivere una vita che valga ancora e anzi più di prima, conferma delle mutazioni avvenute e ancora da esplorare. Credo di avere salvato un paio dei vecchi strumenti, e certo ne ho uno nuovissimo benché ad oggi tutto da imparare: un futuro appena nato. Per inventare di nuovo ogni cosa, chiunque dovrà volersi e volere. Volersi bene e voler bene, non c’è altro in gioco. Sarà la prima cosa da tradurre sul foglio nuovo, portandola da questa parte della vita accecante come il sole che rimbalza sulla carta bianca, vuota e senza macchia: la “cancellata” di settembre.

Credimi

Esiste uno spiazzo cinto di alberi dove a settembre la luce del secondo pomeriggio riposa gli occhi e li invita anzi a guardare finalmente davvero in faccia la realtà, perché non più nascosta dietro l’accecante mezzogiorno o già sfumata nei contorni scuri del vespro. In questo adesso, che scrivendolo due volte è già passato, la linea intera dello sguardo taglia come lama calda ogni sfumatura dell’iride e rende presente e più viva l’immagine nata da tutti i suoni lontani che giungono qui, superando gli ultimi canti dei passeri e i saluti delle cicale tra le frasche. E a cosa somiglia la realtà vista per dritto, unicamente qui e in questo preciso istante del giorno di questo esatto mese dell’anno? Somiglia al calore di una voce che ti corrisponde, a una consonanza d’amore. Credimi se dico, nessuno vorrebbe andarsene mai.