L’immigrato

Anch’io sono un immigrato e sono fiero di esserlo perché, se posso raccontarlo, significa che sono vivo. Non è stato facile arrivare, non c’era niente di scontato. Niente, fino alla fine. Cercavo condizioni migliori però, non potevo reggere ancora per molto restando dov’ero. Ricordo la difficoltà della partenza, il vincolo che mi tratteneva, la strettoia che ho dovuto passare. Saluti, nessuno: meglio partire senza tante cerimonie. Feci un bel respiro ma alle prime boccate scoppiai a piangere. Tremavo. Mentre ancora muovevo le braccia qualcuno mi lasciò una cicatrice. Guardate, è sotto la maglietta. Per fortuna, trovai subito chi mi accolse avvolgendomi in una coperta calda e pulendomi dalle scorie della traversata. Ormai mi avevano pescato ma credevo ancora di non farcela. Poi, passando da un controllo all’altro della nuova frontiera, fui investito da un odore. Era la pelle della mia nuova casa e mandava un suono che più tardi riconobbi come la mia lingua, la terra madre che madre era sempre stata. Per nove mesi.

2 pensieri su “L’immigrato

  1. Elisa ha detto:

    Caro Esageratore devo abbandonare il tuo blog per alcune ragioni personali che tradiscono i principi del movimento femminista di emancipazione della donna. Non posso più scriverti ma posso leggerti…continuerò a farlo e a meravigliarmi e a gioire di ciò che scrivi….ti prego continua a farlo.La tua prosa è pura poesia pura bellezza è un dono di cui ti sono immensamente grata.
    …Perdonami se puoi…

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    1. Carissima Elisa, non hai niente da farti perdonare, anzi, non posso che ringraziarti anche stavolta per la tua ri-conoscenza. Spero che il tuo commiato da questo spazio dei commenti ti porti più gioia che rinuncia, vista la serietà di questa comunicazione. Non colgo appieno il riferimento ai principi dell’emancipazione femminile, ma sapere che continuerai a leggermi è comunque un piacere che il mistero di questo saluto accresce ulteriormente. Un abbraccio

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